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4) La chora. Divisioni agrarie, fattorie, santuari.
Con l’analisi delle fotografie aeree è stato possibile individuare le tracce delle divisioni agrarie eseguite dai Greci nelle campagne, a Poseidonia, ma soprattutto a Metaponto (fig. 1). Intorno a Metaponto si è riusciti a leggere sul territorio degli allineamenti - riportati nella pianta - che probabilmente corrispondono a dei sistemi di canali di drenaggio, orientati diversamente nei due settori della chora, i quali servivano alla bonifica e alla irrigazione della pianura, che era paludosa. I canali di drenaggio, spesso associati a percorsi stradali, realizzano anche una divisione geometrica della campagna; si ricavano dei lotti (kleroi), probabilmente di uguali dimensioni, che vengono assegnati ai coloni.
Metaponto viene fondata verso la fine del VII secolo. Gli scavi archeologici hanno messo in luce pochissime fattorie databili tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI secolo. Il territorio si popola di fattorie negli ultimi decenni del VI secolo, ma soprattutto nella seconda metà del IV secolo. Non si hanno informazioni molto sicure in merito alla organizzazione delle campagne nel periodo iniziale. E' plausibile che in una prima fase della colonizzazione la maggior parte dei coloni vivessero prevalentemente nella città. Le piantagioni più diffuse inizialmente erano quelle dei cereali che sono a carattere stagionale e non richiedono una presenza stabile sul territorio. Successivamente si ha una maggiore diversificazione delle colture; si hanno anche maggiori differenze nel tessuto sociale delle poleis; per cui molte persone si costruiscono la fattoria in campagna dove si dedicano giornalmente all’agricoltura. La lottizzazione sistematica della chora avviene forse alla fine del VI secolo; si è riscontrato infatti che le sepolture si allineano con gli assi della divisione agraria solamente a partire dal 510 a.C.
I quadrati neri dell’immagine rappresentano le case coloniche che sono state individuate con le ricognizioni di superficie, in media sette fattorie per kmq (fig. 2). Circa il 63 % di queste, secondo i calcoli effettuati da Carter, erano occupate nella seconda metà del IV secolo a.C. che è quindi la fase di massimo popolamento della chora. In età arcaica sono edifici molto semplici, generalmente costituiti da uno o due vani. Quelle del IV-III secolo sono più articolate. La c.d. fattoria Stefan è una di quelle che stavano nei lotti più grandi; c’è un cortile intorno al quale si distribuiscono ambienti sia di abitazione che riservati alle attività produttive (fig. 3). Sotto la torre c’era un vano in cui sono stati trovati numerosi pesi da telaio, quindi si è capito che era un locale utilizzato per la tessitura.
Sono stati individuati alcuni piccoli villaggi rurali, relativi alle prime fasi della colonizzazione greca, anche in altri contesti, come ad esempio in località Amastuola vicino Taranto (fig. 4). Anche in questo caso gli edifici erano costruiti con materiali deperibili: muri in mattoni crudi su zoccolo lapideo e tetti di paglia.
Esistevano inoltre molti piccoli santuari rurali. Nella mappa sono segnati i luoghi di culto identificati nel territorio di Metaponto (fig. 5). Alcuni di questi hanno avuto una continuità di vita nei millenni; in seguito sono diventati santuari cristiani; tutt’oggi ci sono delle chiese parrocchiali. Erano frequentati dalle persone che abitavano nelle fattorie circostanti. Alcuni santuari furono monumentalizzati; divennero molto importanti, rivestendo un interesse interregionale. Vicino Metaponto ad esempio viene monumentalizzato il santuario di Hera sul Bradano, dove oggi si conservano i resti del tempio arcaico detto le Tavole Palatine (fig. 6). I principali santuari stanno spesso sui confini perché sono garanzia di protezione divina della polis e della chora. Sono una presenza ben visibile che marca il territorio.
Va detto per altro che i santuari greci nei primissimi tempi, nella maggior parte dei casi, sono privi di edifici. Il santuario è fondamentalmente un’area consacrata, che è delimitata talvolta da semplici cippi o addirittura da un filo di lana come racconta Pausania a proposito del santuario di Poseidone Hippios a Mantinea. In ogni santuario c’è sempre almeno un altare, che è il luogo dove si compiono i sacrifici, dove si brucia l’animale da offrire agli dei. I primi altari sono dei mucchi di cenere e di resti animali (si chiamano eschára) delimitati da un semplice circolo di pietre. Poi, con il tempo, non dappertutto, si innalzeranno vari edifici, tra cui il tempio che è la casa del dio. Uno dei primi esempi, dell’inizio del VII secolo, è il santuario della Motta a Francavilla Marittima nella chora di Sibari. Il tempio più antico è costituito da due ambienti, in quello più grande ci sono tre file di pali di legno che sostengono il tetto di paglia; anche qui l’alzato è in crudo (fig. 7).
I santuari monumentali proteggono la chora, ma simboleggiano anche la potenza della città ai margini del suo territorio. Emblematica è la disposizione dei due principali santuari della chora di Crotone, posti ai due estremi del golfo, quello di Apollo Alaios a N, a punta Alice, e quello di Hera Lacinia a S, a capo Colonna (fig. 8). I santuari stavano anche sui limiti della polis. Gli esempi più tipici sono quelli di Locri e di Agrigento. Locri verso N è cinta da una corona di santuari: Afrodite, Demetra, Zeus, Atena, Persefone, tutti lungo il perimetro urbano (fig. 9). La stessa cosa ad Agrigento (fig. 10). I santuari si pongono soprattutto lungo il bordo meridionale, su quella che oggi chiamiamo la collina dei Templi; stanno in posizione elevata e quindi hanno un importante valore scenografico. Sono ben visibili da lontano.
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