Marco Bianchini
Le sostruzioni del tempio di Apollo Sosiano e del portico adiacente.
Abstract
Si analizzano le opere murarie di fondazione e di sostruzione del tempio di Apollo Sosiano e del portico retrostante e i loro rapporti con le fondazioni del tempio di Bellona e del Portico di Ottavia. Le strutture esaminate presentano una complessa stratigrafia riconducibile alle varie fasi di un grande cantiere che, negli ultimi decenni del I secolo a.C. , portò alla completa ricostruzione di tutta l’area a nord del nuovo teatro di Marcello. Si individuano inoltre elementi utili per la ricostruzione degli alzati.
Il presente lavoro è parte di un pogetto di pubblicazione collettivo, comprendente i contributi di vari autori che circa dieci anni fa hanno effettuato studi e ricerche nell'area dei templi di Apollo e Bellona, ma che purtroppo è rimasto ancora senza esito. Ritengo doveroso a questo punto rendere noti i risultati della mia ricerca la quale pone alcuni importanti punti fermi nella cronologia del cantiere antico che debbono essere necessariamente tenuti presenti da chiunque intenda affrontare lo studio di questo importante insieme architettonico.
1) Premessa.
Nei mesi di giugno e luglio 1998 su iniziativa della Sovraintendenza ai BB. CC. di Roma, sono stati eseguiti interventi di pulizia, indagini archeologiche e rilievi nei corridoi della ex cantina del convento di S. Maria in Campitelli i quali tagliano la parte posteriore del podio del tempio di Apollo Sosiano e le sostruzioni a nord di esso (nota 0) (fig. 0) . Fra le altre cose è stata attuata la ripulitura di varie superfici murarie da incrostazioni di terra e calcare che ne limitavano fortemente la comprensione. In tal modo è stato possibile effettuare un’accurata lettura dei complicati rapporti stratigrafici che intercorrono tra le murature antiche, operazione che ci ha consentito di chiarire, si spera in via definitiva, funzione e cronologia di tali manufatti.
In sintesi le strutture visibili all'interno della cantina dell'ex convento di S.Maria in Campitelli (fig.1) comprendono la parte posteriore del podio del tempio di Apollo, ove coesistono murature della primitiva fase altorepubblicana con quelle pertinenti alla ricostruzione sosiana, nonché le sostruzioni della retrostante pavimentazione e dei pilastri del portico settentrionale dell’area sacra. Tutti questi muri circoscrivevano intercapedini e concamere in origine non percorribili e riempite in gran parte da colmate di argilla o detriti. In epoca moderna i frati del monastero hanno scavato in mezzo a tali strutture tre corridoi aventi funzione di cantine (nota 1) . L'accesso al sotterraneo è stato ricavato al di sotto della fila settentrionale dei pilastri del portico, in corrispondenza del settore nord-orientale del tempio di Apollo. Esso immette, tramite una scaletta, in una galleria lunga circa 18 metri (A), ortogonale al tempio, la quale è stata scavata in direzione sud tagliando rispettivamente una fogna antica che corre al di sotto del portico, la sostruzione del fronte meridionale dello stesso, due muri in opus mixtum di reticolato e laterizio, la sostruzione in opera quadrata di tufo dell'Aniene del muro settentrionale del podio del tempio sosiano, penetrando infine nel riempimento del podio, con percorso tangente a un setto murario in blocchi di tufo semilitoide. Il corridoio termina a ridosso del muro nord in opera quadrata di tufo di Monteverde del podio altorepubblicano del tempio di Apollo Medico. Qui lo scavo dei frati è proseguito in direzione ovest, seguendo il filo di quest'ultima parete e tagliando in parte due grosse strutture in opera cementizia situate a nord di essa, in modo da ricavare un braccio trasversale lungo circa dieci metri (B). Ai lati di questi due corridoi sono stati realizzati, sfondando le murature antiche, dodici vani per l'alloggiamento delle botti, sistemate su muretti appositamente costruiti, le quali hanno lasciato in alcuni casi l'impronta circolare sul retrostante strato di argilla e detriti che ancora riempie l’interno del podio.
Un altro corridoio trasversale, lungo ventisei metri (C), è stato ricavato nella intercapedine antica coperta a volta che corre tra due muri in opus mixtum, scanditi da paraste in laterizio, al di sotto della pavimentazione che sta tra il tempio di Apollo e la via Tecta. Anticamente questa intercapedine, come vedremo, proseguiva verso est alle spalle del tempio di Bellona, mentre a ovest si attestava contro il muro perimetrale in opera incerta del Portico di Metello. Attualmente invece essa è percorribile verso est solamente fino sei metri oltre lo spigolo NE del podio del tempio di Apollo, dove è tamponata da un muro moderno; mentre dalla parte opposta è stata prolungata di circa tre metri in direzione NO, sfondando il muro del portico di Metello, fino a raggiungere un pozzo rettangolare, con cui comunica tramite una finestrella. Un pozzo analogo, attualmente colmo di detriti, si trova a ridosso del podio altorepubblicano, all'incrocio dei due corridoi descritti in precedenza.
Il muro meridionale in opus mixtum della intercapedine C, in corrispondenza dell’angolo con la Porticus Metelli, è stato inoltre tagliato da uno stretto cunicolo di spoliazione (D), il quale si collega dalla parte opposta con i sotterranei dell’Albergo della Catena, dove sono visibili i resti del lato occidentale del basamento del tempio di Apollo e un tratto dell’elevato della Porticus Octaviae che è fondato sui resti della Porticus Metelli.
La realizzazione della cantina comportò varie opere di consolidamento. Nel corridoio C la volta originaria dell’intercapedine, poggiante sui due muri paralleli in opus mixtum, venne rinforzata da archi a mattoni che furono impostati sulle antiche paraste in opera laterizia dopo averne eliminato i filari superiori (fig.4). In due campate fu edificata una nuova volta a botte sotto quella di epoca romana evidentemente poco affidabile. Sul lato occidentale del corridoio A e in quello settentrionale del corridoio B, nei tratti fiancheggiati dal riempimento argilloso del podio, vennero edificati dei muri con funzione di rivestimento e contenimento del taglio, realizzati in blocchetti di tufo di forme e dimensioni irregolari con qualche frammento di marmo di reimpiego, pochi mattoni utilizzati negli spigoli, nelle ghiere delle volte e a formare approssimativi ricorsi orizzontali. Entrambi i corridoi furono coperti da volte a botte gettate su tavole di cui restano le impronte. Altri interventi di consolidamento, di modesta entità, sono stati infine eseguiti dopo il 1940.
Nel 1998, asportando uno strato di humus recente, è stato rimesso in luce il pavimento originale della cantina del convento costituito da una gettata di calce grigia alta circa cinque centimetri alquanto incoerente mista a ghiaia, minuti frammenti fittili, sporadici pezzi più grandi di mattoni, tegole, ceramica smaltata, lastrine marmoree, il quale si estende in tutta l'area dei tre corridoi in esame, compresi i tratti ricavati tramite sfondamento dei muri antichi. Presenta andamento ovunque pianeggiante, alla quota di m.12,10/12,20 slm, salvo che nel braccio prossimo all'ingresso ove sale lievemente verso nord per raccordarsi alla scala. Appare inoltre gettato direttamente al di sopra del riempimento tardorepubblicano dell'area all'interno del quale furono fondati i muri di sostruzione antichi. Lo spiccato di detti muri si trova mediamente fra i cm.20 e i cm. 50 al di sopra del pavimento moderno; quest'ultimo è stato pertanto realizzato più in basso allo scopo di dare maggior respiro in altezza ai corridoi della cantina.
Esamineremo qui di seguito le strutture antiche visibili lungo i tre corridoi, cominciando da sud ossia da quelle situate all’interno del podio del tempio di Apollo sosiano ed escludendo il muro di fondo del podio altorepubblicano per il quale rimandiamo alla bibliografia esistente (nota 2) .
1) - Due fondazioni in opera cementizia a nord del podio altorepubblicano.
Sul lato nord del corridoio B si conservano due grosse fondazioni in opera cementizia (fig.1, n.1, 2), distanti tra loro circa m.2,80, realizzate in cavo libero entro il riempimento del podio del tempio sosiano, le quali sono sicuramente attribuibili a una delle varie fasi di costruzione dello stesso edificio in quanto il conglomerato, con malta ricca di pozzolana rossa e scapoli di tufo, prevalentemente dell’Aniene, la maggior parte lunghi cm.8/15 e irregolarmente disposti, presenta caratteristiche del tutto analoghe a quello utilizzato negli altri settori del podio. I due plinti sono stati tagliati sul lato sud dal corridoio B e in senso ortogonale a questo dai due vani per l'alloggio delle botti. Un altro di questi ambienti, comunicante con il corridoio A, ha tagliato il lato nord del plinto orientale; mentre al lato est dello stesso si è addossato un muro moderno. Poiché i vani per le botti hanno risparmiato la parte più interna delle due fondazioni, è possibile in parte ricostruirne il profilo originario. Di quella orientale conosciamo pertanto la posizione dei lati ovest, nord ed est. Di quella occidentale erano invece parzialmente visibili soltanto i lati est ed ovest, trovandosi quello nord interamente all'interno del riempimento del podio.
Per conoscere la posizione del lato sud della fondazione occidentale è stato eseguito un piccolo saggio di scavo ai piedi di quest'ultima (fig.1, n.3) poiché appariva ovvio che la parte sottostante il piano di calpestìo del corridoio della cantina fosse stata risparmiata dalla moderna opera di demolizione. Abbiamo pertanto potuto verificare che il taglio effettuato per la creazione del corridoio B e della nicchia per la botte che lo conclude a ovest ha intaccato superficialmente il lato sud della fondazione, in quanto la struttura antica risparmiata sotto l'attuale livello di calpestìo sporge solo cm.15 rispetto alla parte soprastante( distando così m.1,25 dal podio altorepubblicano).
Le due fondazioni in opera cementizia, di forma vagamente troncoconica rastremata verso il basso in quanto realizzate in cavo libero, hanno larghezze quasi uguali in senso est-ovest (mediamente m. 2,40 a quota m. 13,50 s.l.m.). Di quella occidentale non conosciamo il lato nord, dell'altra ci è invece ignoto il lato sud. Ma è plausibile che da entrambi i lati le due strutture giacessero sul medesimo allineamento. In tal modo esse misurerebbero in senso nord-sud circa m. 2. Risultano in conclusione due piloni di fondazione misuranti in pianta circa m.2 x 2,40, allineati in senso est-ovest e distanti fra loro m.2,80. Entrambi disterebbero circa m.6,50 dal filo esterno del muro posteriore del podio. Sono inoltre situati in posizione perfettamente simmetrica rispetto all’asse centrale longitudinale del tempio, distando ciascuno di essi m. 6,80/6,90 dal lato lungo più vicino. Le due fondazioni affondano fino a oltre m. 5,25 di profondità rispetto al piano pavimentale della cella del tempio sosiano. Il saggio di scavo, sceso fino a quota m. 11,75 s.l.m., non è riuscito a individuare il piano di appoggio di quella ovest (m. 17 s.l.m. circa la quota del pavimento della cella).
2) – Muro settentrionale del podio sosiano e setto in opera quadrata in tufo semilitoide a sud di esso.
Come si è detto il corridoio A seziona il muro nord del podio di fase tardorepubblicana del tempio (figg. 1, 2, n. 4). Questo, che attualmente misura circa tre metri di spessore, è interamente rivestito da blocchi di opera quadrata di tufo dell'Aniene sul lato esterno mentre all'interno, sopra un letto di blocchi che occupa quasi l'intero spessore del muro e di cui sono visibili due filari, poggia un grosso dado di opera cementizia, spesso m.2,30 e alto m.1,20, a sua volta coperto da un altro letto di blocchi. Il filare che emerge dal piano di calpestio moderno, lievemente aggettante all'esterno e lavorato in modo più sommario, dovrebbe appartenere alla fondazione, quelli soprastanti, levigati in facciata e in appiombo, all'elevato (piano di spiccato a m. 12,45 s.l.m.). Lo spessore originario del muro era probabilmente maggiore. Nel lato interno sull’opera cementizia sembrano infatti leggersi in alcuni punti le impronte di un rivestimento in blocchi (nota 3).
A sud un muro ortogonale in opera quadrata di tufo giallo semilitoide, lungo circa m. 6,50 e spesso m. 1,30, tagliato da due vani per le botti e all’estremità sud da un pozzo, collegava il muro del podio sosiano a quello alto repubblicano (figg. 1, 2, n. 5). Tra il pavimento e la volta del corridoio, si vedono cinque assise di blocchi alti due piedi di cui la prima, con blocchi più corti e lievemente aggettanti, è riconoscibile come fondazione. Alcuni dei blocchi a nord affondano per alcuni centimetri nel nucleo cementizio dell’adiacente muro perimetrale del podio ed essi dovevano andare a incassarsi in mezzo allo scomparso rivestimento in opera quadrata di quest’ultimo. Tutti i filari dell’opera quadrata, compreso quello della fondazione, si trovano inoltre perfettamente in quota con quelli del muro perimetrale del podio. Per questi motivi le due strutture danno l’impressione di essere state tirate su simultaneamente. In ogni modo pur ammettendo che il setto in tufo semilitoide sia stato incassato nel muro perimetrale del podio in un secondo momento, è evidente – considerata l’identica quota dei rispettivi piani di spiccato - che esso è stato fondato quando il livello di camminamento di cantiere nell’area interna al podio era ancora uguale a quello dell’area esterna, dunque prima che il podio venisse colmato da detriti. Il setto in tufo semilitoide è quindi sicuramente anteriore alle due fondazioni rettangolari in opera cementizia sopra esaminate, le quali invece sono state fondate a sacco nel riempimento del podio.
Il muro in esame disterebbe appena ottanta centimetri dal muro perimetrale est del podio che gli è parallelo. Lo spazio tra le due strutture è stato riempito da una gettata in conglomerato molto irregolare, con scaglie prevalentemente tufacee, variamente addensate e di diverse dimensioni, anche molto grandi, la quale è ben visibile sul fondo dei due alloggi per le botti che sono stati ricavati nella prima (figg. 1, 2, n. 6). Sicuramente un analogo diaframma murario era situato sul lato opposto del tempio ed oggi non è più visibile in quanto viene a ricadere completamente all’interno di un’area interrata. E’ invece da escludere che ve ne fossero altri nel mezzo, in quanto tutta l’area situata a monte del muro di fondo del tempio di Apollo Medico, tagliata dai corridoi A e B della cantina, è interamente occupata da una grande colmata di terra argillosa mista a numerosi piccoli frammenti di vari materiali - prevalentemente tufi, mattoni e ceramica - (fig. 1, n. 7), oltre che dalle due fondazioni rettangolari in opera cementizia sopra esaminate, e non c’è posto per altre strutture di significative dimensioni.
3) – Portici di Metello e di Ottavia. Gli altri resti visibili delle fondazioni del tempio
All’interno del cunicolo di spoliazione D la pulizia dell'angolo nordoccidentale del muro del podio del tempio tardo repubblicano, che qui ha tagliato il muro perimetrale in opera incerta del Portico di Metello, ha messo in luce la superficie superiore di due blocchi d'angolo in travertino pertinenti probabilmente al secondo filare dell'elevato del podio, se consideriamo il livello di spiccato visibile ai lati del corridoio A. Questi si addossano alle due paretine risultanti dal taglio del nucleo interno del muro della Porticus Metelli (fig. 1, n. 8), le quali sono state pareggiate prima della messa in opera dei blocchi del tempio da uno strato di malta ben riconoscibile rispetto a quella, assai più friabile, utilizzata nell'opera cementizia della Porticus; nei punti in cui la malta si è staccata sono visibili i segni lasciati dal piccone sul conglomerato. Resti di due setti trasversali interni della Porticus sono inoltre visibili ai lati del tratto finale del corridoio C (fig. 1, n. 9).
A quota m. 14,40 s.l.m sono impostati sul muro in opera incerta del Portico di Metello vari filari in opera quadrata, i primi due forse in tufo semilitoide, quelli soprastanti in tufo dell'Aniene, i quali assecondano il profilo della parte superiore dell'angolo del podio del tempio di cui sono andati perduti i blocchi, sembrando pertanto successivi e quindi già pertinenti all'elevato del Portico d'Ottavia che è stato fondato sui resti della Porticus repubblicana. Circa 90 cm. a SO dell’angolo con il podio del tempio, nel muro perimetrale del Portico d’Ottavia si conserva la spalla destra di una porta che metteva in comunicazione questo edificio con l’area scoperta situata a ovest del tempio di Apollo (fig. 12, n. 8A) (nota 4) .
Verso sud, all’interno dei vani sotterranei dell’Albergo della Catena, sono visibili come si è detto i resti del muro perimetrale ovest del podio del tempio (fig. 12, n. 10). Le strutture in luce, molto spoliate, si trovano oltre due metri più in alto rispetto a quelle tagliate dai corridoi della cantina e ci mostrano il medesimo schema del lato opposto, verso il tempio di Bellona, con piloni in opera quadrata situati in corrispondenza delle semicolonne del muro esterno della cella che si alternano ai dadi in opera cementizia posti sotto gli intercolumni (nota 5) (fig. 5).
L’esame delle strutture di fondazione del tempio si completa con quanto visibile nell’area esterna relativamente alla parte meridionale dell’edificio. Il muro anteriore della cella era fondato su un possente setto trasversale in opera cementizia, spesso tre metri il quale presenta al centro un’ampia apertura centinata di forma trapezoidale (nota 6) (fig. 6; fig. 12, n. 11). In facciata si leggono le varie gettate sovrapposte del conglomerato, separate da linee di cesura orizzontali. Un ampio settore della parte sinistra della fondazione presenta delle file di fori quadrati, pertinenti forse a grappe per il fissaggio dei blocchi, e una superficie allisciata in più punti, il che fa pensare che essa fosse rivestita sul davanti da opera quadrata. Due fondazioni in opus caementicium si sono addossate dalla parte interna ai lati lunghi del muro perimetrale del podio, in corrispondenza della cella, aumentandone lo spessore (fig. 12, n. 12,13). Esse sono prive di paramento, dunque risultano essere stati costruite in cavo dentro il riempimento del podio e in una fase di cantiere successiva rispetto al muro perimetrale al quale si appoggiano; la gettata superiore si lega inoltre con la soprastante massicciata pavimentale. La sezione della fondazione longitudinale est (spessa m. 1,10) si può osservare ai due opposti della cella, presso gli angoli SE e NE dove è andato perduto il pavimento. Il tratto settentrionale (n. 13) insiste sulla gettata in conglomerato che sta tra il muro perimetrale e il setto in opera quadrata tangente al corridoio A della cantina e in parte anche su quest’ultimo (fig. 7). In uno degli ambienti sotterranei dell’Albergo della Catena si vede invece un tratto del lato ovest della fondazione occidentale il quale si addossava ai blocchi in opera quadrata – in seguito asportati – del pilone sottostante la quarta semicolonna da nord dell’esterno della cella (fig. 12, n. 14).
Va ricordato infine che lo scavo condotto alcuni anni fa da Massimo Vitti a sud dell’edificio ha evidenziato che i muri perimetrali della parte anteriore del podio sosiano ricalcano la planimetria del tempio di Apollo Medico. Si è visto in particolare che la fronte del pronao è fondata sopra un muro in blocchi di cappellaccio identificabile con un setto trasversale dell’antica platea e che i lati lunghi sono perfettamente allineati con quelli dell’edificio precedente, messi in luce a sud (nota 7) . Dunque è plausibile che anche i muri laterali del podio, in corrispondenza del pronao e della metà meridionale della cella, siano fondati, almeno in parte, direttamente al di sopra dei robusti muri in opera quadrata della platea altorepubblicana. Al proposito è interessante riscontrare che la pavimentazione dell’area situata alle spalle e a lato dell’edificio si trova alla stessa quota della cella del tempio di Apollo Medico (m. 14,60 circa). Questa corrispondenza non può essere casuale e fa pensare che si fosse voluto sfruttare interamente, fino alla sommità, la possente massa muraria dell’antica platea come sostruzione dei lati lunghi del nuovo podio. Nella zona anteriore del tempio la pavimentazione augustea si trova leggermente più in basso (circa m. 13,50 s.l.m.); furono così demoliti i filari superiori del basamento altorepubblicano, mentre furono assai probabilmente risparmiati quelli che venivano a trovarsi al di sotto del nuovo piano di camminamento (nota 8) .
4) -Pareti in opus mixtum del corridoio C.
E’ risultata assai complessa la lettura delle varie fasi dei due muri in opus mixtum di reticolato e laterizio che delimitano il corridoio C (figg. 1, 3, 4, 8). L'aver effettuato un'accurata e sistematica pulizia delle superfici murarie ci ha regalato sicuramente importanti ed inedite informazioni. Un saggio di scavo effettuato lungo la parete sud, in corrispondenza della terza parasta da ovest (fig. 8), mettendo in luce le fondazioni ci ha consentito di chiarire in via definitiva i rapporti cronologici tra i vari elementi di questo tratto del muro la cui stratigrafia è più complicata che altrove. Molto utili ai fini della interpretazione di tali strutture sono stati anche i rilievi recentemente eseguiti.
Come si è detto la sistemazione moderna ha reso agibile solo la parte occidentale dell’intercapedine compresa tra i due muri in opus mixtum, ossia il tratto retrostante il podio del tempio di Apollo. Verso est, circa sei metri oltre lo spigolo NE del tempio, essa è tamponata da un muro. Il saggio di scavo condotto da Alessandra Pollio nell’ottobre 1998 presso lo spigolo NE del tempio di Bellona ne ha messo in luce l’estremità orientale, colma di detriti, insieme al muro in opus mixtum del lato sud, che qui si addossa al podio del tempio di Bellona, e a parte della volta (nota 9) . Il corridoio, lungo complessivamente circa 52 metri, correva pertanto alle spalle di entrambi gli edifici di culto, terminando a ovest contro le fondazioni del Portico di Ottavia e a est contro la sostruzione del braccio orientale del portico dell’area sacra. Al centro del lato sud si innestava assai probabilmente un condotto orientato nord-sud che correva tra il Tempio di Apollo e quello di Bellona (fig. 12, n. 15), in seguito molto allargato dallo scavo di un cunicolo di spoliazione, il quale fu scoperto in un sondaggio del 1957 e rilevato da A. Caldani (nota 10) . Al lato ovest di questo sembrano appartenere due tratti di muro in opera reticolata e laterizia visibili nella sezione di Caldani, dove si vedono delle ammorsature a denti quadrati tra i due tipi di paramento molto simili a quelle del vicino settore orientale della parete sud del corridoio C. L’angolo fra questo muro e il lato sud del corridoio C, in base al rilievo Caldani, dovrebbe verificarsi immediatamente al di là dell’attuale tamponatura del corridoio ed è annunciato proprio da una lieve rotazione verso SE del tratto più orientale della parete sud che "accompagna" la svolta a destra. Questo diverso orientamento non trova invece riscontro nella parete nord che prosegue indisturbata il suo percorso verso est mantenendosi parallela alla via Tecta. Il condotto nord-sud è assai più probabile che si tratti di una fogna piuttosto che di una intercapedine analoga a quella in esame, perché leggendo i rilevi di Caldani risulta che nei tratti meglio conservati questo non era più largo di novanta centimetri, in una sezione trasversale tracciata più a sud presenta forma e dimensioni tipiche di una fogna con volta a cappuccina, inoltre nel prospetto si vedono l’imbocco di una fogna ortogonale che sembra scaricare al suo interno e un tombino sotto il pavimento. Va infine considerato che esso non correva al di sotto della pavimentazione dell’area scoperta, bensì sotto il muro perimetrale del basamento del tempio di Bellona (nota 11) .
Possiamo osservare innanzitutto che si distinguono nettamente ai lati del corridoio C due principali fasi costruttive, assai distanti nel tempo: quella di epoca romana in opera reticolata e laterizia, a sua volta suddivisa in varie fasi di cantiere meno facilmente individuabili, e quella di epoca moderna pertinente al riuso della lunga concamera risultante fra i due muri in funzione di cantina (fig. 3). Per quanto riguarda le strutture antiche occorre precisare che i cubilia e i laterizi del paramento, la malta utilizzata nei giunti, il conglomerato del nucleo interno, presentano in tutto il corridoio caratteristiche molto simili (figg. 8, 9).
Le tessere del reticolato, in tufo litoide (forse di Monteverde) di color grigio scuro-verdastro, hanno dimensioni alquanto variabili, tanto da dar luogo a una via di mezzo tra il quasi-reticolato e il reticulato vero e proprio. Le misure dei lati in facciata oscillano tra i cm. 6,5 e i cm. 9, la maggior parte tra i cm.7 e i cm.7,5 (tipo C-G secondo la definizione adottata dal Lugli). Molti cubilia hanno inoltre lati ed angoli irregolari. Ne conseguono giunti sovente triangolari con spessori compresi tra i cm. 0,2 e cm.2 (la maggioranza cm.0,8/1,2).
Nell'opera laterizia sono adottati mattoni veri e propri con tagli generalmente trapezoidali e mai tegole smarginate. Si alternano variamente, in percentuali quasi uguali, mattoni color giallo chiaro e lucente ad altri quasi arancioni. La maggior parte sono lunghi cm. 18/20, rarissimi sono quelli di maggiori dimensioni (fino a cm.25); molti invece i laterizi più corti, anche frammenti di pochi centimetri. La misura dello spessore varia enormemente tra un laterizio e l'altro: cm.2,4/4,5, talvolta anche cm.5; la maggior parte misurano cm.3,5/4. Lo spessore della malta fra un filare e l'altro oscilla tra i cm.2 e i cm.2,5. Il modulo di 5 filari di mattoni è pari a cm.30/31. Qualche diversità si riscontra tra le varie piattabande della parete sud. Nella prima da est i mattoni, lunghi come negli altri casi circa cm.25, hanno disposizione più irregolare e lo spessore dei giunti verticali oscilla tra i cm 1,5 e i cm.3. Notevolmente più accurata appare la seconda piattabanda da est (spessore dei giunti compreso tra cm. 1,5 e cm.2), mentre la prima e la seconda da ovest si collocano in una via di mezzo.
La malta dei giunti, come nel conglomerato del nucleo interno delle pareti e della volta, é granulosa di color bruno-rossastro, piuttosto friabile e comprendente un'altissima percentuale di cretoni di pozzolana rossa ben distinguibili a occhio nudo, molti dei quali misurano due/tre millimetri di diametro. Dello stesso colore, ma d'impasto più omogeneo e lisciata a filo della facciavista dei mattoni, si presenta la malta utilizzata nei giunti delle testate dei due muretti in laterizio visibili a est del corridoio A come in un tratto della parete sud situato tra il suddetto corridoio e la prima coppia di mensole in travertino verso ovest. In quest'ultimo muro un sottile strato dello stesso tipo di malta copre sia il paramento in opera reticolata sia quello in opera laterizia dando luogo a una sorta d'intonacatura. Nei conglomerati sono utilizzate scaglie di materiale vario, soprattutto tufo e peperino. La malta è più omogenea nelle fondazioni che nelle strutture di alzato.
Nel corridoio C tutte le murature realizzate in epoca moderna, in concomitanza del riuso di tale ambiente, hanno paramento a mattoni. Questi li troviamo quasi sempre nella metà superiore delle paraste a filo con la sottostante opera laterizia romana, nelle ghiere degli archi che scandiscono la volta - a loro volta impostati sulla sommità delle paraste - e a mo' di tamponatura di alcuni tratti delle due pareti. Al primo impatto si rischia di fare qualche confusione tra murature laterizie antiche e moderne. In realtà quest'ultime sono ben riconoscibili per il diverso colore dei mattoni, di tonalità meno brillante e in molti casi tendente al rosa, nonché per le forme rastremate degli stessi. I mattoni, il cui spessore oscilla tra i due e i quattro centimetri, e i letti di malta (cm.0,7/2) sono generalmente più sottili che nell'opera laterizia antica. Il modulo risulta pertanto di cm. 24/24,5 per cinque ricorsi contro i cm. 30/31 del paramento romano. I laterizi che costituiscono la parte superiore delle paraste sono spesso impostati su un grosso mattone con funzione di marcapiano, largo quanto la parasta stessa e rastremato presso i bordi esterni, collocato a sua volta direttamente al di sopra della superstite muratura antica.
Le strutture moderne sono ben riconoscibili soprattutto per la qualità della malta, di color grigio chiaro rosato, molto più dura di quella antica e ovunque ricoperta da un velo di calce quasi bianca. Lo stesso tipo di malta si ritrova in alcuni tratti ricostruiti della volta a botte del corridoio che si legano agli archi in laterizio e nel cui intradosso si leggono le impronte delle tavole della centina, assai più sottili di quelle antiche e con larghe fessure tra l'una e l'altra.
Possiamo attribuire con certezza la tecnica edilizia sopra descritta alla fase del riuso in funzione di cantina del corridoio in esame in quanto ritroviamo esattamente lo stesso tipo di mattoni e di malta negli archi che sormontano le nicchie per le botti ai lati degli altri due corridoi, nonché in alcune parti dei muri sottostanti che sono chiaramente in fase con questi. Sono invece pertinenti a un intervento di consolidamento effettuato negli anni '40 o '50 due muretti con grossi mattoni di dimensioni regolari, sormontati da un arco e collocati a ridosso della seconda coppia di paraste da ovest .
Per quanto riguarda la conformazione architettonica delle due pareti antiche del corridoio C, si presenta assai più uniforme il muro a nord costituito da una parete in opera reticolata scandita - a intervalli di m. 2,00/2,25 - da paraste in opera laterizia larghe cm.60 e sporgenti cm.30. A queste ultime corrispondono altrettante paraste delle medesime dimensioni lungo la parete sud (a eccezione della seconda da est che è larga cm.120). La parete meridionale (fig. 3), tra la seconda parasta da est e la sua estremità ovest, è costituita invece da quattro specchiature in opera reticolata con larghezze che variano tra m. 2,50 e m.3.55 cui si alternano dei muretti in opera laterizia perfettamente allineati con le prime e larghi tra m.1,25 e m.1,45 (m.1,90 l'ultimo settore in laterizio a ovest). I muri in laterizio non si ammorsano con il reticulatum ma sono strutturati in modo parzialmente autonomo in quanto, come si rileva nelle parti rotte della parete, ognuno di questi presenta alle estremità due facce ortogonali al corridoio foderate anch'esse da mattoni. Gli specchi in opera reticolata hanno invece il paramento soltanto all'esterno. Questi sono sormontati da piattabande a mattoni lunghi circa cm. 25 impostate sulle testate dei muri laterizi. Il restante rivestimento della parete, a partire dalla quota delle piattabande fino all'imposta della volta, è in opera laterizia. Il ritmo delle specchiature è infine completamente svincolato da quello delle paraste, sicché queste si trovano in corrispondenza talvolta dei riquadri in reticolato talvolta di quelli in laterizio e mai sono centrate con essi.
Una diversa conformazione presenta infine il tratto più orientale del muro sud, lungo m.4,50 e corrispondente alle prime due "campate" est del corridoio, il quale per altro risulta arretrato circa cm.30 rispetto al resto della parete e con orientamento leggermente girato in senso NO-SE (fig. 3, n. 16,18). Esso è scompartito in senso orizzontale da due fascie di uguale altezza, quella inferiore in opera laterizia, quello superiore in opera reticolata. Ai due estremi di quest'ultima si intravedono, coperte in parte dalle paraste, delle ammorsature a denti quadrati di un piede per lato che legano lo specchio in reticulatum a tratti di muro interamente in opus testaceum.
E' visibile la parte superiore delle fondazioni in conglomerato delle due pareti del corridoio, realizzate in cavo libero, in quanto il piano di calpestio moderno, come si è detto, è stato ricavato a una quota più bassa del livello antico. Lo spiccato del muro nord, in corrispondenza sia delle paraste sia degli specchi in opera reticolata, si trova sempre alla stessa quota (m.12,40 slm). Tale, nella parete opposta, è la quota del piede delle paraste, dei riquadri in reticolato, nonché del fascione laterizio all'estremità orientale. Si trova invece sensibilmente più in alto lo spiccato dei muri in opera laterizia (m.12,70 slm il primo, il quarto e il quinto da ovest; m.12,55 negli altri casi). Il raccordo tra gli spiccati dei due tipi di paramento, situati a quote diverse, è risolto dalla diagonale dei cubilia che stanno agli angoli inferiori degli specchi in reticolato.
Le imposte della volta corrono alla medesima quota su entrambe le pareti (m.13,75 slm) che sono alte pertanto m.1,35. L'altezza complessiva della concamera, dall'originario livello di calpestio alla chiave della volta, era circa due metri (attualmente m.2,20, ma m.1,90 sotto gli archi in laterizio moderni). Anticamente le paraste non sorreggevano archi in aggetto come adesso, ma s'iscrivevano nell'intradosso della volta; ciò è chiaramente dimostrato nella parete sud dalla terza parasta da est, l'unico che ha conservato la parte superiore della muratura (fig. 3, n. 21; fig. 11), e dalle impronte lasciate dalla quinta da est, in seguito (n. 25), nell'intradosso della volta. La sesta da est è stata sostituita in una fase successiva da una coppia di mensole di travertino semplicemente sagomate, situate a cm.75 dal piano originario (fig. 3, n. 27; fig. 9). Una mensola analoga, affiancata da un'altra moderna, spunta tra i muretti di restauro in corrispondenza della serie successiva verso ovest.
La volta è stata gettata su centine lignee sospese, di cui restano in alcuni casi le impronte delle tavole, aventi profilo alquanto irregolare, talvolta quasi a cappuccina (fig. 4). Sono visibili lungo le pareti, subito al di sotto del piano d'imposta, gli incassi quadrati dei travi orizzontali delle centine, molti dei quali tamponati nella moderna fase di riuso. Nel conglomerato della volta sono affogate le spesse lastre in travertino della pavimentazione dell’area a cielo aperto soprastante.
Il nucleo interno delle due pareti in opera laterizia è interamente sezionato dal corridoio A. Possiamo pertanto verificare che il muro nord, spesso circa m.1,20, presenta sul lato posteriore un rivestimento in opera quadrata di tufo semilitoide dalla superficie esterna alquanto irregolare in quanto destinato a essere coperto dalla muratura della fogna retrostante (fig. 2, n. 34). Escludiamo che l’opera quadrata sia riferibile a un muro di epoca precedente cui si è addossato il conglomerato del muro in opus mixtum, non solo perché alla base troviamo un blocco aggettante rispetto agli altri, identificabile con la fondazione, il cui filo superiore si trova a livello con lo spiccato del lato sud del muro in opus mixtum, ma anche per la particolarità del profilo dei lati verticali interni dei blocchi. I vari filari infatti, al contrario di quanto si riscontra sul lato opposto, non aggettano gli uni rispetto agli altri ma si raccordano sempre in corrispondenza dei giunti per mezzo di superfici oblique che si alternano a tratti in appiombo secondo un sistema che è riscontrabile in altre parti del tempio di Apollo ed era la maniera comunemente adottata in questo edificio per ammorsare il rivestimento in opera quadrata al nucleo cementizio.
Il nucleo interno del muro sud, che era costituito come vedremo da murature di fasi diverse e inglobava anche i resti di un fognolo, si addossava direttamente al podio del tempio di Apollo raggiungendo uno spessore complessivo di m. 1,25.
Venendo nel merito dei rapporti cronologici tra le varie parti dei due muri del corridoio C, possiamo dire innanzitutto che l'intera parete nord è stata realizzata nella stessa fase. Tutte le paraste in laterizio si legano alle retrostanti specchiature in opera reticolata, tanto nelle fondazioni che nell'alzato. Ciò è particolarmente evidente nel caso della seconda parasta da ovest, che è stata demolita in epoca successiva e questo ci consente di verificare che il nucleo interno faceva tutt'uno con il conglomerato della parete. Agli angoli si conservano frammenti dei lateres del pilastrino i quali affondano in molti casi per due/tre centimetri all'interno della parete retrostante. In altri casi sono le tessere del reticolato che oltrepassano il filo della parasta sempre per pochissimi centimetri (nota 12) . Esattamente allo steso modo si legano paraste e specchiature in reticolato nella parete opposta. Le prime non si legano invece con le piattabande, anche nei casi in cui queste sono chiaramente in fase con il sottostante reticolato - a sua volta in fase con la parasta - ovviamente per non vanificarne la funzione strutturale interrompendone il tragitto. Probabilmente si ammorsavano ai ricorsi laterizi sopra le piattabande; ma al proposito non si possono avere riscontri in quanto le parte superiore delle paraste è costituita quasi sempre da mattoni moderni che hanno preso il posto degli antichi. Sono invece completamente slegate dalla parete la prima, la seconda e la quarta parasta da est.
Nella parete sud si individuano tuttavia almeno tre diverse fasi costruttive. In base a una prima superficiale impressione si è indotti a pensare che inizialmente siano stati realizzati i muri in opera laterizia, intervallati da larghe aperture sormontate da piattabande, in quanto sono foderate da mattoni anche le facce laterali; che in un secondo momento tali aperture siano state tamponate da opera reticolata; che in una terza e ultima fase siano state edificate le paraste il cui ritmo non coincide con quello delle specchiature retrostanti. In realtà le cose non stavano in questo modo. Da una più attenta lettura risulta che i primi due specchi in opus reticulatum da ovest appaiono in fase non solo con le paraste antistanti con cui legano ma anche con i riquadri in opera laterizia adiacenti (fig. 3, n. 28, 30, 32). Muri in laterizio e specchi in reticolato appaiono tirati su simultaneamente in quanto la malta dei giunti degli uni si lega perfettamente a quella dei giunti degli altri, anche in profondità; allo stesso modo entrambe si legano alla malta delle piattabande e dei ricorsi laterizi soprastanti. In definitiva non si individua una sola linea di ripresa in tutto il settore occidentale della parete, dall'angolo vicino al Portico di Metello fino al muretto di restauro che ha preso il posto della seconda parasta da ovest (n. 29), la quale appare pertanto costruita in un'unica fase di cantiere dallo spiccato all'imposta della volta. In questo tratto anche la fondazione di paraste, specchi in reticolato e muri in laterizio è comune, così come è stato evidenziato anche da un piccolo saggio di scavo effettuato ai piedi della terza parasta da ovest (n. 27) (nota 13) . Il fatto che i tratti di muro in laterizio presentino lateralmente delle spallette ortogonali al corridoio, rivestite anch'esse da mattoni, cui si affianca la struttura in reticolato, non implica necessariamente che essi siano stati concepiti e realizzati in una fase precedente. La soluzione più comune nei muri in opus mixtum è di ammorsare i diversi tipi di paramento in facciata. Tuttavia poiché in tali organismi la vera e propria struttura portante è costituita dalle parti in opera laterizia, su cui vengono convogliate le spinte laterali di archi e piattabande, queste talvolta sono costruite in modo autonomo rispetto alle parti in opera reticolata, pur realizzate nello stesso momento, che svolgono invece una funzione di mera tamponatura (nota 14) .
A questa stessa fase sono riconducibili, per analogia della tecnica costruttiva, altri tratti del muro in opus mixtum situati più a est: la parte sinistra del secondo specchio in reticulatum da ovest insieme alla soprastante piattabanda, situata al di là di un restauro moderno (n. 28); la prima e la seconda parasta a E del corridoio A (n. 23, 21) e il muro in reticolato dietro quest’ultima (n. 20, 22); infine il tratto di muro con la fascia in reticolato sopra quella in opera laterizia all’estremità orientale del tratto percorribile del corridoio (n. 16, 18), ma non le due paraste antistanti che non legano al muro e quindi sembrano successive (n. 17, 19). Le strutture di questa fase, il cui nucleo cementizio si addossa al podio del tempio di Apollo, danno luogo alla conformazione definitiva della parete e sono sicuramente concepite insieme al muro sul lato opposto (nord) del corridoio con cui condividono il ritmo delle paraste. Esse hanno inglobato tuttavia alcuni avanzi di un muro di un fase di cantiere precedente (fase 1), riconoscibili per la quota del piano di spiccato – più alta di trenta centimetri -, la composizione del coementicium della fondazione dove sono utilizzati scapoli di maggiori dimensioni, la tecnica più sommaria dell’elevato. I punti di contatto tra i due diversi tipi di muratura sono inoltre evidenziati da larghe e profonde fessure.
A questo muro di prima fase appartengono un segmento di fondazione risparmiato nel tratto più occidentale della parete, su cui è stato impostato il soprastante muro in opus mixtum di seconda fase ( n. 33), nonché una larga piattabanda (m. 3,40 di luce) situata dietro la seconda parasta a est del corridoio A insieme a due tratti di muro in opera laterizia situati lateralmente ad essa e le loro rispettive fondazioni (n. 20, 22). La specchiatura in reticulatum posta sotto questa piattabanda, la quale lega con il sottostante segmento di fondazione e con la parasta situata nel mezzo, è invece una tamponatura realizzata nella fase 2. Tutt'intorno il pannello in reticolato si vede infatti una profonda linea di cesura. I cubilia non legano né con i lateres che stanno ai lati né con la piattabanda, mentre risulta in fase tutta la struttura laterizia che circonda il reticulatum, piattabanda compresa, fino all'imposta della volta. L'opera reticolata è chiaramente posteriore: i cubilia nell'angolo inferiore sinistro si appoggiano alla fondazione del muro in laterizio, in alto si portano oltre il filo dell'intradosso della piattabanda tamponando una spaccatura che si era prodotta nella metà destra della stessa.
Il muro di prima fase, di cui sono visibili in sezione due tratti della fondazione (fig. 2, n. 35), aveva uno spessore forse di cm. 45 e non poggiava contro il podio del tempio, da cui distava circa tre piedi. Alle sue spalle correva un fognolo, visibile sul lato ovest del corridoia A, che è stato poi distrutto e inglobato dal muro di seconda fase (fig. 1, n. 36) (nota 15) . Riteniamo inverosimile che la larghissima piattabanda, per altro assai mal costruita, potesse scavalcare un’apertura ampia m. 3,40 e alta appena m. 0,60. E’ più probabile che essa coprisse inizialmente un'altra struttura, poi demolita perché pericolante o comunque poco affidabile e quindi sostituita dalla nuova tamponatura in reticulatum. Si può semmai ipotizzare che all’interno della muratura originale sottostante la piattabanda si aprisse una luce di piccole dimensioni, ad esempio una diramazione della fogna situata sul retro. Sul piano funzionale la piattabanda potrebbe infatti assimilarsi agli archi di scarico che servivano a proteggere piccole aperture situate più in basso, frequentemente l’imbocco di una fogna.
Il muro di prima fase e la fogna retrostante vanno identificati quasi sicuramente con opere provvisorie di cantiere, realizzate con tecniche sommarie e destinate a essere demolite o inglobate dai muri definitivi. La fogna in particolare doveva servire ad assicurare lo smaltimento delle acque piovane che avrebbero altrimenti invaso il piano di camminamento del cantiere (nota 16) . Il muro di seconda fase invece, come si è detto, realizzato insieme alla parete del lato opposto del corridoio, è pertinente alla sistemazione definitiva dello spazio situato a nord del podio. Esso ingloba alcuni tratti del muro preesistente, riproponendo nelle parti ricostruite lo stesso motivo a specchi in reticolato sormontati da piattabande e alternati a pannelli in opera laterizia (nota 17) . Ma è anche scandito da una serie di paraste che hanno un ritmo notevolmente più serrato dei riquadri in reticolato in quanto servono a rinforzare la volta. Nel frattempo il piano di cantiere si è abbassato di circa trenta centimetri, come è evidente dalle quote dello spiccato dei due diversi muri.
In una terza fase di cantiere, prima della costruzione della copertura, un segmento del settore centrale della parete sud, lungo circa cinque metri e situato tra la terza e la quinta parasta da ovest, è stato completamente riedificato (fig. 3, n. 26). Questo tratto di muro più recente, che presenta al centro un pannello in opera reticolata sormontato da piattabanda uguale agli altri, possiede un rivestimento in opera laterizia di migliore fattura con malta dei giunti più omogenea e a filo con la facciavista dei mattoni. Un piccolo saggio di scavo effettuato in corrispondenza della terza parasta da est (fig.3, n. 27; fig. 9) ci ha consentito di verificare che la fondazione del muro nuovo, più profonda e robusta, si è addossata – in parte coprendola - a quella del muro di seconda fase risparmiato a est. Il punto di congiunzione dell’elevato dei due tratti di muro veniva a situarsi sull’asse della terza parasta da est, la quale in occasione di tale intervento venne demolita e sostituita da una coppia di mensole incassate nel muro a circa metà altezza sopra la quale dovevano essere impostati i filari in laterizio di un nuovo pilastro pensile. I mattoni visibili attualmente sopra le mensole appartengono a un rifacimento moderno. La malta che circonda le mensole, chiudendo le fessure dell’incasso, si lega invece chiaramente al muro in opera laterizia di terza fase situato a sinistra; sotto e a destra dà luogo inoltre a una sorta di intonaco che copre le parti prive di paramento, poste in corrispondenza del pilastro tagliato, del muro di frase precedente.
La parte sinistra del muro di terza fase è stata tagliata dal corridoio A (n. 24). Tuttavia ne restano alcuni lacerti al di là di quello, i quali sembrano saldarsi all’avanzo del muro di prima fase situato a est (fig. 2, n. 37, 38). E’ probabile che questa ricostruzione del settore centrale del muro abbia comportato la sostituzione di un tratto del muro di prima fase, già risparmiato nella fase 2 del cantiere e in seguito ritenuto invece poco affidabile. Tale intervento ha preceduto in ogni caso la gettata della volta che in questo tratto è impostata a sud sul muro di terza fase e dall'altra parte sulla parete di seconda fase. La volta lega perfettamente con entrambi i muri (s'intravede lungo ciascuna imposta solo una sottilissima linea di ripresa dovuta a un normale intervallo di cantiere) e sembra a sua volta in fase con le lastre della pavimentazione soprastante, allettate nel nucleo cementizio dell’estradosso.
5) – Fogna sotto il portico e muro di sostruzione a nord.
Alle spalle del muro settentrionale del corridoio C, sotto la pavimentazione del portico, corre una fogna tagliata dal corridoio A e da due vani per l'alloggio delle botti ricavati ai lati opposti di quest'ultimo. I due bracci della fogna situati rispettivamente a ovest e a est del corridoio risultano tra loro perfettamente allineati, differenziandosi però per la tecnica edilizia adottata. Il tratto orientale, forse anteriore, presenta una volta a botte a sesto ribassato gettata su centine che erano state incassate sopra i muri laterali; questi ultimi e il fondo sono in opera cementizia priva di paramento e rivestite da uno strato di malta idraulica (figg. 1, 2, n. 39). Il braccio a ovest, pertinente probabilmente a un restauro di epoca successiva, ha invece copertura a cappuccina di bipedali, pareti in opera laterizia e fondo in bipedali (fig. 1, n. 40). Sui mattoni non sono purtroppo visibili bolli di fabbrica.
A nord della fogna due pareti moderne del corridoio, che arrivano fino all’ingresso, coprono la sezione del muro di sostruzione del colonnato settentrionale del portico. Attualmente se ne vede la parte superiore del lato esterno a nord, in opera laterizia che lega con quella dei soprastanti pilastri del portico (fig. 1, n. 41). Tra il muro e la fogna c’era un riempimento di argilla e detriti visibile in uno dei vani per le botti a lato del corridoio A (fig. 1, n. 42).
6)- Cronologia e funzioni delle strutture esaminate.
La parte posteriore del tempio di Apollo Sosiano, situata a nord del muro di fondo del Tempio di Apollo Medico e visibile nell’ex cantine del convento, si rivela di particolare interesse perché qui sono visibili le strutture dell’edificio situate a maggiore profondità. Queste, a differenza dei muri del pronao e della parte anteriore della cella, non insistono su muri preesistenti, ma sono totalmente edificate ex novo, comprese le fondazioni, in quanto realizzate in un’area che si trovava all’esterno dell’edificio più antico. Il dato più significativo è che le principali murature sopra esaminate situate a monte del tempio altorepubblicano – il muro posteriore del podio sosiano, il setto longitudinale in opera quadrata posto all’interno, i muri in opus mixtum che delimitano l’intercapedine, compreso il rivestimento in opera quadrata del lato nord del muro settentrionale – al di là delle similitudini che si riscontrano nella tecnica edilizia, in particolare nella composizione dei conglomerati, presentano il piano di spiccato alla stessa quota (m. 12,50 s.l.m. circa). Questo elemento riteniamo sia già di per sé sufficiente a ricondurre tutte queste strutture a un comune ambito cronologico, a prescindere da quelle che saranno poi le varie fasi di cantiere con interruzioni, addossamenti e rifacimenti che potranno protrarsi, come è normale, anche per molti anni. La quota degli spiccati ci restituisce insomma quella del piano di campagna ove in età tardo repubblicana si impiantò la fabbrica della parte posteriore del tempio e dei suoi annessi (fig. 11). Questo piano di camminamento di cantiere, che sarà stato pure il prodotto di demolizioni e livellamenti attuati per l’occasione, dovrebbe approssimativamente corrispondere al livello di interramento raggiunto nell’area in quell’epoca, più alto dunque di circa quattro metri rispetto a quello in cui venne fondato, agli inizi del V secolo, il tempio di Apollo Medico (m. 8,40 s.l.m. il piano di spiccato della platea di quest’ultimo) (nota 18) .
La pavimentazione definitiva dell’area esterna posta dietro il tempio sarà realizzata oltre due metri più in alto (m. 14,60 s.l.m.) impostandola sulla volta della intercapedine con i muri in opus mixtum (nota 19) . I muri visibili nella ex cantina, al di sopra della quota m. 12,50, sono dunque stati edificati in elevato, ma hanno funzione di sostruzioni delle opere soprastanti, destinate a restare interrate o comunque nascoste. Quelli con nucleo cementizio sono tutti provvisti di paramento, in opera quadrata, compreso molto probabilmente - come si è visto - anche il lato interno del muro perimetrale del podio, oppure in opus mixtum. Nella parte esterna del podio, già a partire dalla fondazione viene utilizzato il più pregiato tufo litoide dell’Aniene ben squadrato e allisciato in facciavista, mentre nelle sostruzioni interne si adottano blocchi di tufo semilitoide, simili al tipo Grotta Oscura, lavorati più sommariamente (nota 20) . L’opera quadrata viene in ogni caso sempre preferita nelle parti soggette a maggiori carichi: nello spesso muro in opera cementizia situato a nord dell’intercapedine il lato settentrionale, che doveva sopportare il peso dei pilastri del portico, è stata foderato in opera quadrata, nella faccia a sud, su cui era impostata la volta che sorreggeva la pavimentazione dell’area scoperta, è stato invece adottato l’opus mixtum.
L’analisi delle suddette murature, in assenza di bolli laterizi, non può ovviamente consentirci datazioni troppo precise. Possiamo dire in ogni caso che le varie tecniche utilizzate ci appaiono pienamente compatibili con il periodo storico in cui la maggior parte degli studiosi, basandosi anche sulla lettura delle fonti, hanno voluto collocare la costruzione del tempio, ossia tra il quarto e il secondo decennio del primo secolo avanti Cristo (nota 21) . Per quanto riguarda l’impiego dell’opera laterizia nei due muri del corridoio C, ove per altro sono stati utilizzati mattoni veri e propri e non tegole smarginate, ricorderemo che ciò non costituisce certamente un fatto eccezionale negli ultimi decenni del I sec. a.C. Basti pensare che essa è stata largamente adottata nel vicino Teatro di Marcello. Più in generale essa comincia ad affermarsi in quest'epoca proprio in quelle parti di edifici che sono soggette all'umidità quali celle di sepolcri, fogne e corridoi sotterranei (nota 22) . L'impiego di mattoni con spessori molto diversi (anche cm.5) e di taglio trapezoidale, i letti di malta spessi fino a tre centimetri, il modulo alto, sono caratteristiche in ogni caso più frequenti nell'età augustea (o protoaugustea) che nei periodi successivi. Si differenzia invece nettamente dalla tecnica, assai più accurata, del tratto ricostruito della fogna sotto la via Tecta. Occorre inoltre considerare che nelle malte è contenuta abbondante pozzolana rossa che è tipica anche questa del periodo augusteo e la ritroviamo in tutti i conglomerati pertinenti al podio del tempio di Apollo. D’altra parte la somiglianza delle malte e dei conglomerati, i quali contengono scapoli di materiali che ritroviamo nell’alzato del tempio - soprattutto tufo dell’Aniene - da ritenersi in gran parte scarti di lavorazione, è sicuramente l’elemento che in maniera più evidente riconduce tutti i muri in esame allo stesso ambito cronologico: quelli in opus mixtum come il muro perimetrale del podio e tutte le fondazioni in opus caementicium all’interno di quest’ultimo.
Per quanto riguarda la ceramica rinvenuta nei sondaggi effettuati alla base di uno dei due piloni in opera cementizia tagliati dal corridoio B e accanto un tratto della fondazione del muro in opus mixtum meridionale, sono stati purtroppo rinvenuti pochissimi frammenti, di cui tre con vernice nera databili al II sec. a. C e ovviamente non contestuali (nota 23) .
Un discorso ulteriore è quello della individuazione delle varie fasi della costruzione (figg. 10, 12). Leggendo i rapporti di cronologia relativa che intercorrono tra muri adiacenti non sempre è possibile capire con sicurezza se ci troviamo di fronte a una preordinata successione di fasi di cantiere oppure se quanto è stato aggiunto dopo sia frutto di un cambiamento del progetto. E’ il caso delle due fondazioni in opus caementicium che si appoggiano ai lati lunghi del muro perimetrale dalla parte interna (fig.12, n. 13, 14) le quali, come è stato giustamente proposto, dovevano sostenere la decorazione architettonica della cella, molto sporgente dalla parete, costituita probabilmente da un podio continuo – di cui resta un avanzo sopra il piano pavimentale della cella – su cui erano impostati due ordini di colonne (nota 24) . Va segnalato però che quella orientale, più visibile dell’altra, a sud si lega con la fondazione della fronte della cella – che è un elemento essenziale dell’edificio -, a nord insiste parzialmente sul setto in opera quadrata tangente al corridoio A della ex cantina, il quale a sua volta non è molto chiaro se si leghi al muro perimetrale, in ogni caso è stato edificato prima che il podio del tempio venisse riempito. Quest’ultimo elemento si trova in una posizione troppo eccentrica – dista appena ottanta centimetri dal muro perimetrale – per poter essere interpretato come mero setto di ripartizione delle gettate di riempimento e di raccordo fra strutture portanti, sul genere delle fondazioni a griglia o a telaio, anche perché non ve ne erano altri analoghi verso il centro (nota 25) . Per la sua collocazione sembra costituire piuttosto, insieme alla gettata in conglomerato che sta fra questo e il muro esterno, la parte più profonda della fondazione del colonnato della cella. L’impressione che si ricava in conclusione è che, pur ammettendo che il sistema decorativo in aggetto della cella, con il bancone continuo e i due ordini di colonne, sia frutto di un intervento di riprogettazione, tale evento si sia verificato in una fase in cui i lavori si trovavano a uno stadio iniziale, ove era completato solo il muro perimetrale del podio, ma non ancora la fondazione della fronte della cella e neanche si era provveduto a riempire la parte posteriore del basamento dell’edificio (nota 26) .
Sono invece sicuramente attribuibili a una fase di cantiere successiva, e quindi probabilmente anche a una nuova fase progettuale, i due grossi dadi in opus caementicium situati al centro della zona posteriore dell’edificio i quali sono stati gettati in cavo nel riempimento del podio. Considerando le dimensioni planimetriche e la notevolissima profondità – oltre cinque metri dal piano di calpestio della cella -, esse dovevano sostenere un carico ben considerevole: due colossali statue di culto oppure una coppia di colonne che inquadravano il fondo della cella. Non è da escludere per altro che la parte superiore non visibile di ciascuna di queste due fondazioni, situata tra il piano della cella e la volta del corridoio dell’ex cantina - da 0 a 2 m. circa di profondità – fosse costituita da un pilone in opera quadrata.
Nei muri in opus mixtum che delimitano l’intercapedine alle spalle del tempio abbiamo potuto individuare con certezza, come si è visto, almeno tre fasi. La prima sistemazione è forse un recinto di cantiere, connesso con una fogna provvisoria, che sarà stato realizzato mentre il muro perimetrale del basamento del tempio era in costruzione (fig. 10). Una volta terminato quest’ultimo si costruiscono i due muri in opus mixtum nella loro veste definitiva, scanditi da paraste (figg. 3, 12); segue una riparazione di un tratto del muro a sud e quindi la gettata della volta sopra la quale vengono allettate le lastre della pavimentazione dell’area scoperta. Questa sistemazione è sicuramente prevista fin dagli inizi. Ci sembra infatti che la funzione dei due muri in opus mixtum si inquadri perfettamente nell'ambito dei grandi lavori che portarono nell'arco di alcuni anni alla costruzione del tempio di Apollo e del retrostante portico a pilastri. Le due pareti costituiscono fondamentalmente delle robuste strutture di sostruzione, ulteriormente rinforzate dalle sequenze di paraste, con funzioni quella a sud di contraffortamento del podio del tempio quella a nord di sostegno della fila anteriore dei pilastri del portico, ma anche di contenimento verso valle di tutto l'insieme delle sostruzioni di tale edificio in quanto la faccia a sud aggetta quasi ottanta centimetri dalla fronte del portico soprastante. Tale insieme riceveva ulteriore assestamento dalla lunga volta a botte le cui spinte diagonali contrastavano la pressione esercitata dai due edifici che stavano ai lati e solo secondariamente serviva a sostenere la pavimentazione soprastante (fig. 2).
L'intercapedine risultante tra i due muri in opus mixtum, a differenza di altre concamere le quali venivano comodamente utilizzate come deposito dei detriti prodotti dal cantiere, doveva essere rimasta sostanzialmente sgombra. La volta infatti appare gettata non su un riempimento di terra, ma su centine incassate nei muri; sicché il piano di calpestio doveva restare praticabile per gli operai addetti all'allestimento delle armature. Ma una volta realizzata la copertura l'intercapedine si trasformò assai probabilmente in un ambiente chiuso, non più praticato, alla pari di molte altre concamere, perché sprovvisto di aperture che davano luce e aria e perché non svolgeva alcuna logica funzione di collegamento terminando a ovest contro le strutture interrate del portico di Metello che servirono da fondazione al portico di Ottavia. Ciò è dimostrato anche dalla soluzione d'incassare le centine nella muratura il che significa che queste sono state lasciate in situ ingombrando l’ambiente (nota 27) .
Dalle indagini effettuate all’angolo NE del tempio di Bellona si è visto che l’estremità orientale del muro in opus mixtum del lato sud dell’intercapedine si appoggia alla platea di fondazione del tempio di Bellona, la cui costruzione è plausibile sia stata avviata nello stesso intorno di quella del tempio di Apollo (nota 28) . Alla stessa platea si appoggia anche la sostruzione del braccio orientale del portico dell’area sacra, il cui conglomerato rossastro pozzolanico è del tutto simile a quella dei muri in opus mixtum a nord dei due templi (nota 29) . Dunque le sostruzioni dei due bracci del portico, quello settentrionale e quello orientale, sono sicuramente in fase. Su queste sostruzioni sono fondati i pilastri con semicolonne, sia quelli con basi in travertino e blocchi superiori in peperino del portico est, sia quelli in opera laterizia del portico nord. I primi sono certamente precedenti agli altri per la tecnica, in ogni caso considerando che tra la costruzione del podio del tempio e quella del muro in opus mixtum sotto il portico intercorrono almeno altre due fasi di cantiere che comportarono modifiche e che altri anni saranno intercorsi tra il completamento delle sostruzioni e l'avvio della edificazione delle strutture in elevato, ci sembra ragionevole datare i pilastri in peperino perlomeno agli inizi dell'età augustea (nota 30) . Più tardi, probabilmente sotto Domiziano, venne effettuato nel portico nord un consistente intervento di restauro che comportò il rifacimento dei pilastri, il paramento della parte superiore della sottostante sostruzione che guarda a nord e forse della pavimentazione o almeno di una parte di essa (nota 31) . Con l'occasione si scavò assai probabilmente nel terrapieno sottostante per restaurare il tratto della fogna del corridoio A, in opera laterizia, - il braccio a est, in opus caementicium rivestito da cocciopesto potrebbe essere invece della fase originale protoaugustea (nota 32) .
In conclusione possiamo dire che tutte le strutture sopra esaminate si inquadrano nell’ambito di un organico intervento di ristrutturazione il quale coinvolse una assai più vasta area (fig. 0). E’ chiaro che le trasformazioni più radicali furono determinate dalla imposizione in questo settore cittadino della cospicua mole del teatro di Marcello che comportò distruzioni e rifacimenti tutt’intorno, protraendosi i lavori come è normale per qualche decennio. Con l’occasione si dovette attuare la completa ricostruzione dell’area sacra comprendente i templi di Apollo e Bellona e il portico retrostante, insieme ad altri edifici monumentali gravitanti intorno al Circo Flaminio, tra i maggiori dei quali la Porticus Metelli. La grande massa di detriti provenienti dalle demolizioni sembra produrre un innalzamento generale del suolo di almeno un paio di metri; per il resto sarà stata plausibilmente riutilizzata nei riempimenti delle sostruzioni dei nuovi edifici. Quelli più vicini al teatro, come il tempio di Apollo, subiscono inevitabili traslazioni e modificazioni nell’impianto planimetrico – la rinuncia alla scalinata frontale, il conseguente allungamento del podio verso nord dovuto anche alla necessità di adeguarsi ai nuovi canoni proporzionali tra lunghezza e larghezza – ma al tempo stesso, per quanto è possibile, si ricostruisce esattamente sugli stessi allineamenti. I lati lunghi del nuovo tempio di Apollo Sosiano insistono su quelli dell’antica platea del tempio di Apollo Medico così come i blocchi in opera quadrata della Porticus Octaviae si impostano sui resti in opera incerta della Porticus Metelli. Ci sono sicuramente ragioni ideologiche e vincoli sacrali che comportano il rifacimento di venerandi edifici, in particolare quelli religiosi, nel luogo in cui stavano. Ma c’è anche un motivo pratico: le parti inferiori degli antichi robusti muri vengono riutilizzate come fondazioni. E’ verosimile pertanto che anche il tempio di Bellona e il portico retrostante i due templi ricalchino la planimetria di edifici precedenti. Il secondo potrebbe anche aver volutamente riproposto lo schema di un monumento di epoca anteriore, mantenendo quella particolare caratteristica di porticato aperto su due fronti. Tuttavia va detto che allo stato attuale delle ricerche questa resta solo un’affascinante ipotesi, in quanto non è stato trovato neanche un avanzo murario riferibile a una fase precedente. Né esiste alcuna prova di un eventuale diretto collegamento del Portico d’Ottavia con la via Tecta di età augustea, o del Portico di Metello con una eventuale fase anteriore di quella, in quanto la zona di contatto tra questi edifici è ancora quasi completamente interrata.
Per il resto nell’ambito dei generali lavori di sistemazione dell’area si coglie anche una tendenziale progressione delle varie fasi di cantiere dall’epicentro alle zone periferiche: al teatro di Marcello seguono i podi dei templi di Apollo e Bellona, per ultime sono costruite le sostruzioni del portico dell’area sacra e il Portico di Ottavia.
Marco Bianchini
La figura 0 comprende una pianta dell'area pubblicata da Alessandro Viscogliosi nel 1996 e rielaborata dall'autore. Tutti gli altri grafici, compresi i rilievi, sono dell'autore.
Note
0 I resti archeologici visibili all’interno della ex cantina sono stati in parte esaminati e pubblicati da vari studiosi. V. in particolare: R. Lanciani, Scavi nel Portico di Ottavia, BullInst 1878, pp. 209-219; R. Delbrück, Das Capitolium von Signia. Der Apollotempel auf dem Marsfelde,1903; da ultimo A.Viscogliosi , Ad aedem Apollinis, ArchLaz 12, 1995, pp.79 ss. I rilievi più recenti e dettagliati sono stati eseguiti nel 1998 dallo Studio Lithos. A Marilda De Nuccio, la quale ha coordinato i suddetti interventi, va un particolare ringraziamento per aver incoraggiato il successivo lavoro di ricerca.
1 La cantina, tenendo conto dalla tecnica costruttiva dei muri di consolidamento costruiti in tale occasione, dovrebbe essere stata realizzata tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 probabilmente — come già osservato dal Viscogliosi (op. cit. a nota 1)- sfruttando e regolarizzando dei preesistenti cunicoli di spoliazione. In merito alle vicende edilizie della chiesa di S. Maria in Campitelli si vedano L.Maracci, Memorie della Chiesa di Santa Maria in Portico in Roma, Roma 1667 (volume aggiornato da G.M. Corrado nel 1871) e C. Erra, Storia di Santa Maria in Campitelli, Roma 1750.
2 Delbrück, op.cit. alla nota 1. P. Ciancio Rossetto, Tempio di Apollo: nuove indagini della fase repubblicana, in RendPontAcc, LXX, 1997-98, pp.177-195.
3 Il muro est del podio, visibile dall’area esterna, presenta invece sulla faccia interna uno pseudo paramento - che manca nel muro nord - realizzato con gli scapoli dell’opera cementizia (Cfr. A,Viscogliosi, Il tempio di Apollo in circo e la formazione del linguaggio architettonico augusteo, Roma 1996, pag, 41 e fig, 40). Lo spessore complessivo del muro est è pari a dieci piedi, quello del muro nord visibile nella cantina, integrato dal rivestimento in blocchi della faccia interna che è andato perduto, doveva essere di almeno due piedi maggiore. La differenza di tecnica e di spessore tra i due segmenti noti del muro perimetrale del podio può dipendere dal fatto che essi si trovano a quote diverse (il tratto del muro nord sezionato dal corridoio A sta infatti oltre due metri e mezzo più in basso).
4 Cfr. P.Ciancio Rossetto, Indagini e restauri nel Canpo Marzio meridionale: Teatro di Marcello, Portico d’Ottavia, , Circo Flaminio, Porto Tiberino, ArchLaz 12, 1995, pp, 93 ss. A. Viscogliosi, op. cit. alla nota 4, p.30, fig. 32.
5 Per quanto riguarda la descrizione della parte superiore del muro perimetrale del podio cfr. A. Viscogliosi, op. cit. alla nota 4, pp. 39-42.
6 Cfr. A.Viscogliosi, op. cit. alla nota 4, p. 39 e fig. 36. L’A. giustamente sostiene che l’apertura centrale è “un mero espediente per risparmiare opera muraria in corrispondenza di un settore poco soggetto a carichi (cioè sotto il grande vuoto della porta di accesso alla cella)”.
8 Molto significativa è la sezione-prospetto del lato est della platea del tempio di Apollo Medico messa in luce dallo scavo di M. Vitti a sud del pronao del tempio sosiano (pubblicata da P.Ciancio Rossetto op. cit. a nota 3, fig.7), dove si vede che i filari più alti del muro, scampati alla distruzione, si trovano immediatamente al di sotto del livello del pavimento di età augustea . Il muro perimetrale della platea del tempio di Apollo Medico presenta comunque uno spessore minore (m. 2,50) rispetto a quello soprastante del podio sosiano (m.3). E’ plausibile che all’epoca di Sosio si fosse provveduto a ispessire le mura altorepubblicane che dovevano fungere da fondazioni per il nuovo tempio, addossandovi lateralmente nuove strutture (v. fig. 10). Ricordiamo anche che il riempimento del podio sosiano, in corrispondenza della metà meridionale della cella, è stato gettato direttamente al di sopra della pavimentazione musiva del tempio di Apollo Medico, di cui negli anni ’50 è stato messo in luce un tratto che ha restituito la nota iscrizione degli aidiles curules.
12 Lo stesso sistema è riscontrabile anche penetrando con la trowel agli angoli di tutte le paraste superstiti. Questa maniera "minima" di ammorsare i due tipi di paramento, che evita il più diffuso sistema dei denti quadrati di un piede per lato, è comunque una spontanea conseguenza proprio del fatto che le paraste in laterizio e le specchiature in reticolato sono state tirate su contemporaneamente, sicchè mano a mano che si procede verso l'alto il filare di cubilia o di lateres messo in opera per primo tende a oltrepassare il filo verticale dell'altro muro, mentre quello collocato successivamente alla stessa quota gli si addossa.
13 Il primo ricorso in laterizio delle pareti si trova circa quindici centimetri più in alto dello spiccato degli specchi in reticulatum. Sotto però si riscontra una fascia lisciata in opera cementizia, sicché in realtà il vero e proprio piede dei muri in laterizio è alla stessa quota dello spiccato del reticulatum e delle paraste.
14 . Un sistema costruttivo analogo al nostro è adottato ad esempio nelle pareti laterali in opus mixtum del podio del c.d. tempio del Gigante a Cuma ove, al di sotto del pronao, una intelaiatura portante costituita da larghi pilastri in opera laterizia situati sotto le colonne è tamponata, in corrispondenza degli intercolumni, da pannelli in reticulatum che danno luogo a una parete continua; è ovvio in tal caso che i due tipi di struttura, pur non ammorsandosi, sono stati concepiti insieme.
15 Si conserva la sola metà meridionale della fogna costituita da una massicciata in conglomerato su cui poggiano avanzi del pavimento in malta idraulica e di una spalletta in opera laterizia alta allo stato attuale circa cm.50, comprendente un filare di tegole ogni due ricorsi di mattoni.
16 Queste opere provvisorie di cantiere sono state documentate in numerosi scavi recenti. Si veda ad esempio M. Bianchini, Indagini nel tratto sud-est della via Biberatica. Modalità e cronologia della costruzione del settore meridionale dei Mercati di Traiano, BullCom CIV, 2003, pp. 235-267, dove a pag. 239 si illustrano fornaci e fogne del cantiere dei Mercati di Traiano scoperte in un sondaggio del 2000.
17 Questo particolare schema architettonico non è invece adottato nel coevo muro opposto del corridoio, il quale è totalmente costruito ex novo.
18 Il dato troverebbe conferma dello scavo condotto da M.Vitti a sud del tempio, dove sotto il livello pavimentale di età augustea sono stati trovati grandi strati di riempimento, databili alle fasi di cantiere del tempio, i quali sembrano aver innalzato la quota di calpestio dell’area anche da questa parte di almeno un paio di metri.
19 Nell’area a sud del tempio invece la pavimentazione viene impostata direttamente al di sopra delle colmate di detriti (cfr. nota 19), ma a un livello un po’ più basso (circa m. 13,60).
20 L’uso del tufo di Grotta Oscura si attarda negli ultimi due secoli della Repubblica e ancora in età Augustea nei cunicoli e nelle parti interne dei piloni dei ponti e dei podi dei templi (Ponte Milvio, Ponte Emilio, Cunicolo sotto la via di Marforio, II fase del Tempio di Veiove, Tempio rotondo nel Foro Boario).
21 Plin. N. H. 36.28: in Apollinis templo Sosiani; la datazione agli anni quaranta del I sec. A.C. dell’inizio della costruzione del tempio tiene conto del particolare ruolo rivestito in quegli anni da C.Sosius, trionfatore de Iudaea nel 34, console nel 32. Si veda al proposito F.W. Shipley, C.Sosius: his coins, his triumph, and his temple of Apollo, Papers on Classical Subjects in Memory of J.M. Wulfing, 1930, pp. 73 ss. E. La Rocca, L’Apollo ‘qui citharam … tenet’ di Timarchides: un frammento dal tempio di Apollo in circo, Bollettino dei Musei Comunali di Roma, 23, 1977, 1-4, pp. 16 ss.; E. La Rocca, Amazzonomachia. Le sculture frontonali del tempio di Apollo Sosiano, Roma 1985; A.Viscogliosi, op. cit. a nota 4.
22 Ad esempio nelle camere sepolcrali della Piramide di Caio Cestio, della Tomba di Cecilia Metella, del tumulo di Lucilio Peto sulla via Salaria.
23 La disamina è stata effettuata da Fabiola Fraioli, che ringrazio. Il dato della ceramica è poco significativo; il cantiere della seconda metà del I sec. a.C. ha inevitabilmente prodotto grandi sommovimenti di terra e detriti in gran parte provenienti dalla demolizione di edifici dei secoli precedenti e dei relativi riempimenti.
24 A.Viscogliosi, op. cit. a nota 4. L’A. che ha analizzato con grande cura tutti gli avanzi della decorazione architettonica provenienti dal tempio sostiene che questo plastico colonnato sia stato aggiunto in età augustea, mentre il primitivo disegno sosiano delle pareti della cella prevedeva solamente un doppio ordine di lesene. Il colonnato non fu realizzato lungo la parete di fondo in quanto da questa parte non si trova una fondazione addossata al muro perimetrale come nei lati lunghi.
25 Queste soluzioni erano comuni nei basamenti in opera quadrata arcaici e altorepubblicani, ma tendono a scomparire con il diffondersi dell’opera cementizia. Per altro va detto che questi setti murari interni ai podi dei templi, nei casi in cui non corrispondevano a strutture in elevato erano il più delle volte collocati in asse con quelle, svolgendo eminentemente una funzione di raccordo (come la griglia di fondazioni che collegano le colonne del pronao e i muri divisori delle celle nel tempio dei Castori di V secolo come nel tempio A di Pyrgi), altrimenti creavano un reticolo di muri tendenzialmente equidistanti (come nel caso della più fitta maglia del Grande Tempio di Pietrabbondante).
26 Non è da escludere che i lavori si siano interrotti per diversi anni dopo il 31 a.C. lasciando il podio incompleto. In alternativa dovremmo ammettere che sotto Augusto, con l’alzato della cella già in parte edificato, si fosse provveduto a distruggere la massicciata pavimentale e a fare scavi nel podio fino a grande profondità per realizzare le nuove fondazioni, compreso l’integrale rifacimento di quella della fronte della cella.
27 Nei casi in cui le centine dovevano essere rimosse si preferiva sempre realizzarle all'esterno, impostandole sul pavimento oppure su mensole (cagnoli) per evitare pericolose vibrazioni nella fase di smontaggio che compromettessero la stabilità della volta.
28 L'articolo di A.Pollio sullo scavo al tempio di Bellona è in corso di pubblicazione. Vedi anche M. De Nuccio, Tempio di Bellona: studi preliminari, in ArchLaz XII, pp.71-77. La decorazione architettonica del tempio di Bellona è stata datata nell’ambito dei primi due decenni del I secolo d.C. La tecnica edilizia del basamento dell’edificio presenta molte analogie con quella del podio del tempio di Apollo.
30 Cfr. G .De Angelis d’Ossat, Il portico in peperino del Foro Olitorio, in BullCom, 1934, pp.65-73. L’A. datò, sulla base di confronti stilistici, quelli molto simili del portico del Foro Olitorio agli ultimi decenni del I sec. a.C.
31 La datazioni agli anni di domiziano per i pilastri in opera laterizia è stata proposta da Colini sulla base di bolli laterizi rinvenuti nelle murature. (A.M.Colini, Scoperte presso piazza Campitelli, in Capitolium, XVI, 1941, pp. 385-393). Le lastre della pavimentazione mostrano una diversa tessitura, testimoniando quindi un rifacimento, proprio al di sopra della fogna.
32 Va segnalato però che la pavimentazione soprastante è stata rifatta anche al di sopra di questo tratto della fogna.
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